Dal momento più godibile di una cena fatta con tutti i crismi.
E parafrasando lo chef Peter Brunel il dolce è la cosa che rimane più impressa di una cena. Per questo ad esso deve essere dedicata la massima cura e attenzione nella preparazione.
Proprio come questo in apertura, un esempio, che subito colpisce lo sguardo e la fantasia, riportandoti per l’aspetto e la forma alla sfera di Pomodoro, perfetta a racchiudere una delizia di banana e vaniglia, che si scopre con la cioccolata calda a scioglierne l’involucro.
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Ristorante Borgo San Jacopo e l’executive chef Peter Brunel |
Una ragazza in un film, invitata a cena da uno strabiliante e tenebroso Robert Pattinson, ordinava per prima cosa il dolce, perché anche se remota, secondo lei esisteva la possibilità concreta di essere colpita da una meteora, prima di poterne godere. “Quindi mi mangio prima il dolce e poi la cena e non ci penso più”.
E’ una scena che ogni volta rammento di fronte all’immensità dei sapori e della ricerca, che c’è dietro ad un boccone così perfetto.
Ho conosciuto Peter, nel senso che ho avuto il grande privilegio di assaggiare i suoi piatti al Caffè dell’Oro, con lui seduto al tavolo insieme a noi, mentre ci inebriava dei suoi racconti e delle sue infinite esperienze nonostante la giovane età.
Ora nuovo executive chef del Borgo San Jacopo oltre che del ristorante del Portrait della catena Lungarno Collection, sa trasportarti dentro i suoi occhi e farti vedere quello che lui ha conosciuto e incontrato nel suo percorso.
Cominciando da bambino come lavapiatti nei ristoranti di montagna dove viveva. Accolto e promosso da un ristoratore, che ancor prima di lui aveva visto e creduto nelle sue enormi potenzialità di chef.
Che cosa ha spinto Peter Brunel qui nell’olimpo dei grandi, una stella Michelin a soli 28 anni.
E’ stata la cucina della mamma, che preparava pasta fatta in casa per la sua numerosa famiglia di domenica, con lo sfondo delle canzoni di Julio Iglesias. L’amore per il cibo funge da navetta spazio-temporale, laddove ora Peter, ammette che nel preparare alcuni piatti per i suoi ristoranti, si ritrova catapultato in quella cucina di tanti anni fa, con le musiche della mamma in sottofondo e il profumo inconfondibile del pranzo domenicale in famiglia.
Una catarsi che si ripete ogni volta.
Basta un profumo, il movimento della mano, un’idea. La cucina è terapia, è autoanalisi e concentrazione ai massimi livelli. Ma non concentrazione intesa in senso faticoso, quanto piuttosto una tensione istintuale verso sé stessi e le proprie origini.
I suoi piatti sono una ricerca, un ponte tra il passato vissuto e il futuro che immagina. La patata viola, diventa un petalo nel suo piatto, che sembra un ciottolo bianco in mezzo ad un giardino.
Peter condivide quello che sa, e forse lo fa anche troppo e tutto insieme come ha imparato in alcune occasioni in cui è stato coinvolto in progetti di ricerca e sviluppo con grandi aziende.
Ora collabora con il riso Acquerello che tante di noi conoscono per le sue innegabili proprietà organolettiche e di tenuta della cottura.
Ci racconta che la tempuras erano i Quattro tempi (giorni) nei quali la carne non poteva essere mangiata e in alternativa si cuocevano nella pastella separatamente verdure e pesci. La pastella deve essere fatta con amido di riso, perchè la farina non ha tempo di cuocersi in quel mezzo minuto in cui il pezzetto di verdura o di pesce viene immerso nell’olio bollente.
Grande fautore della cucina a induzione per la purezza dell’aria che si respira nelle cucine e per il fatto che non vi è usura delle pentole, ammette che c’è una liason indissolubile tra la cucina e i motori. E’ capace di riparare da sè tutti gli attrezzi meccanici che sono nelle sue cucine.
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Il suo gelato alla patata viola con caviale, pistacchio, croccante al cioccolato e oro |
E finisco con una frase che è stato il suo insegnamento per tanti anni da quando era giovanissimo, il suo primo mentore si raccomandò a lui con questa frase: E’ meglio non abbondare mai.
E ancora questo è il fil rouge che lega i suoi inizi con quello che lui è adesso. La cucina è una ricerca attraverso la chimica. I dolci soprattutto lo sono e in questo il cibo è un viaggio di sapori, in mezzo al quale egli sa giocare con gli ingredienti e arrivare a legare tutti i piatti uno con l’altro, come un racconto.
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Peter Brunel che porge un piatto di tartare e in alto il suo tiramisù |
E ancora:
“Al tiramisù mancava un elemento “la croccantezza”, che ho voluto conferire con l’inserimento di uno dei prodotti della tradizione toscana, i cantucci. La crema tiramisù è del mio amico Montersino.”
Lontano mille anni dagli chef – star, ai quali ormai siamo assuefatti, Peter merita di entrare nell’Olimpo degli stellati più simpatici e armoniosi in assoluto; stare con lui fa bene al cuore e al palato; è attento a tutto dall’ingrediente all’ambiente, che deve accogliere al meglio i suoi ospiti.
Ogni cosa è delicata e commisurata al benessere e alla bellezza intesi in senso lato.
…Perchè tutto è declinato nella giusta misura, “meglio non abbondare mai”…
Un caro saluto se mi permetti caro Chef va alle tue deliziose bambine, delle quali hai raccontato di una la grande capacità e raffinatezza di palato (chissà come mai…) e dell’altra l’istintività e l’immediatezza, che tutto travolge e appassiona.